Sarde fresche, finocchietto, pinoli: se siete degli amanti della pasta con le sarde, saprete bene che qualsiasi variante di questa ricetta include almeno questi tre ingredienti base per la felicità e la buona riuscita del piatto.
Per i siciliani è un vero e proprio must delle tavole, una ricetta tradizionale che trova la sua origine in tempi ben più remoti di quanto possiate immaginare. Occorre infatti compiere un balzo di oltre 1200 anni, ad una lontana giornata a Mazara del Vallo (o forse dalle parti di Siracusa, dipende dalle fonti) dove fame e carenza di ingredienti furono le premesse necessarie a questa saporita invenzione.
E no, non fu un siciliano il suo primo cuoco: come tanti altri tesori, materiali ed immateriali, l’abbiamo ereditata dagli arabi.
La storia della pasta con le sarde è una storia d’amore, ribellione… e spirito d’adattamento.
Siamo nel IX secolo e tutto ha inizio con Eufemio da Messina, comandante della flotta bizantina, protagonista di una serie di tentativi di indipendenza dell’isola ma infine esiliato per un fatto scandaloso: pare avesse sedotto niente di meno che una suora, Omozia, tentando a convincerla a lasciare i voti.
Rifugiatosi in Africa, stringe qui alleanza con i Saraceni e, con loro, salpa alla ricerca di vendetta alla volta della Sicilia. Gli approvvigionamenti scarseggiano e una notte di tempesta, scatenata dalla furia di Eolo, Zeus e Thanatos, sfinisce le truppe impegnandole in una lotta alla sopravvivenza fino all’alba.
Come rifocillare le milizie stremate e motivarle a riprendere la campagna? È qui che scende in campo l’anonimo cuoco arabo al seguito da Eufemio. A partire dai pochi ingredienti che riesce a reperire (a Mazara del Vallo? A Siracusa? Poco importa!) e assemblandoli con criterio: delle sarde non proprio freschissime, del finocchietto che avrebbe coperto e accompagnato il sapore del pesce, dei pinoli, della pasta di frumento e, in onore alle sue origini arabe, dello zafferano.
Cosa ne viene fuori? Un piatto salvavita per i poveri soldati sfiancati dalle battaglie e dal dispetto degli dei, e una ricetta trasmessa secolarmente fino ai giorni nostri.
Ah, e al di là della tavola: in effetti, quella campagna militare segnò l’inizio di una nuova era per l’isola e non solo. Niente di meno che lo sbarco degli arabi in Sicilia e l’inizio della conquista islamica.
Potranno sembrare ovvietà quelle che seguono, ma nella vita di tutti i giorni, presi da fretta o abitudini da supermercato, spesso ci accontentiamo di preparare un piatto che “somiglia a” piuttosto che riproporre quello che dovrebbe essere il sapore originario. Magari non proprio quello di 1200 anni fa e del cuoco arabo, ma almeno quello delle nostre nonne, che in quanto a sapori la sapevano e la sanno lunga.
Sarde, appunto, non alici. Le sarde hanno caratteristiche diverse rispetto alle alici: sono un pesce più grasso, che va consumato a poche ore dalla pesca e che, per dare il massimo del suo sapore, va appunto cucinato fresco e non sott’olio.
Per le cuoche e i cuochi più certosini, la procedura per “allinguare”, ovvero ridurre a mo’ di “lingua”, le sarde è la seguente: vanno aperte a libro e nettate, vanno rimosse lisca, testa e coda. Dopodiché vanno lavate ed asciugate. Ora sono pronte ad essere coinvolte nella vostra creazione.
Nonostante venisse già utilizzato nell’antica Roma per aromatizzare il pesce, nel tempo il finocchietto è stato dimenticato da molte tradizioni culinarie e in buona parte del mondo non viene neanche raccolto.
Anche per questo – oltre che per la sarda in sé, di certo non il pesce più prelibato sul banco – la pasta con le sarde a Palermo viene chiamata anche pasta ca munnizza (tradotto, pasta con la spazzatura): ovvero pasta con quegli ingredienti che per alcuni sono erbacce, per altri, e qui c’entrano le sarde, vengono utilizzate come lo scarto da dare in esca ad altri pesci.
Il finocchietto selvatico si può acquistare fresco (o trovare in natura!) tra la primavera e l’autunno. Vanno selezionate le parti più tenere e verdi, così come germogli e foglie “piumose”. Vorrà questo dire che non si può mangiare pasta con le sarde a Natale? I siciliani non ne potrebbero fare a meno: il finocchietto, infatti, può essere congelato e utilizzato all’occorrenza.
È l’ingrediente che dalla pasta il suo tipico colore scuro, oltre che il principale protagonista del sapore e dell’odore del piatto. Tradotto? Meglio abbondare!
La pasta con le sarde al Curtigghiu
Aggiunta di sugo, di vino bianco, sacrileghi scambi di alici con sarde e zafferano con curcuma e così via: nel tempo, così come nello spazio, ogni provincia si è appropriata della ricetta creando la sua micro-variante. Sul passarla al fondo in un secondo momento, si apre un’altra parentesi: quella è l’arte del riciclo degli avanzi (in siciliano, i ristaturi). Ad Agrigento, per esempio, si aggiunge il concentrato di pomodoro nella preparazione. A Catania, così come anche in altre parti, la cospargiamo di pangrattato tostato.
Un piatto così popolare e tradizionale… poteva mancare dal nostro menù, che proprio su questi pilastri fonda la sua proposta?
La ricetta che seguiamo al Curtigghio prova ad essere il più fedele possibile all’originale: immancabili sarde e finocchietto, i pinoli già usati dal cuoco arabo di Eufemio da Messina, un tocco di dolcezza dato dall’uva passa e, come appena detto, il pangrattato che da quella croccantezza che non guasta mai.
Ingredienti siciliani, estro arabo, furia degli dei, passione e vendetta: quanta storia per un solo piatto, che ti sta già aspettando in via Santa Filomena 43!
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