Se a Palermo sono un’istituzione, a poco a poco hanno conquistato il cuore di tutti i siciliani: sono le panelle, una preparazione tanto semplice quanto buona, la cui storia si perde nella memoria dei tempi.
Dal popolino ai nobili francesi, per finire con i grandi nomi del Novecento – Pirandello, Sciascia, Guttuso -, le panelle attraversano trasversalmente tempo e società. Ma, apparentemente, non i sessi: la tradizione vuole, infatti, che panellari per eccellenza siano gli uomini, così come uomini lo sono stati i consumatori per lungo tempo. Trattandosi di un cibo da consumare però lo più fuori di casa, in un momento di chiacchiere e in piedi, era anticamente assai più probabile che fossero gli uomini della famiglia a poterne godere il sapore.
Quanto alle donne, o le preparavano autonomamente o aspettavano che qualche buon parente le portasse loro a casa. Tra i sacrosanti vantaggi della modernità e dell’equiparazione dei sessi possiamo quindi anche annoverare la non trascurabile conquista delle panelle, che diventano un po’ sinonimo di spazio sociale, da condividere in relax e buon umore.
La storia delle panelle
Sapevate che quella dei ceci è stata una delle prime colture a essere addomesticata? E che già i romani pare che ne ricavassero la farina per cucinare con questa una sorta di polenta? Una preparazione pressoché identica veniva già consumata dai greci, nel Medio Oriente e fino al sub continente indiano.
In Sicilia, come spesso accade per le innovazioni da un certo momento in poi, furono gli arabi a introdurre la pratica di macinare i semi e cuocerne la farina, unitamente all’acqua, sul fuoco. Il risultato, però, per quanto nutriente non doveva essere particolarmente saporito. Così, nel tardo medioevo, si introdusse la frittura. L’impasto, lasciato a raffreddare e solidificarsi, viene tagliato a fette sottili e fritto, così come viene consumato tutt’oggi.
Un aneddoto: sisiri o kikiri?
Il 1282 passa alla storia come l’anno dei Vespri Siciliani, la rivolta popolare scoppiata a Palermo contro i dominatori francesi. C’è un aneddoto che tira in ballo ceci e panelle, in aggiunta al fatto che gli Angioini ne fossero dei ghiotti consumatori. Lo scoppio della rivolta diede avvio a una vera e propria caccia ai francesi, tramandata ai posteri come una vera e propria carneficina che, dal capoluogo, dilagò in tutta l’isola.
Come fare a individuare i soldati francesi che tentavano di camuffarsi da popolani locali? Si costringeva il sospettato a pronunciare la parola ciciri, ovvero «ceci» in dialetto siciliano. Per conformazione fonetica, il francese era portato a pronunciare diversamente la «c», smascherandosi da sé: bastava un sisiri o kikiri a firmare la sua stessa condanna a morte.
A tavola come in strada: le panelle al Curtigghiu
Le panelle sono entrate prestissimo nel nostro menù, che punta ad abbracciare tutte le tipicità del meridione italiano. Così le abbiamo inserite nel nostro fritto misto siciliano, insieme a crocché, macco fritto e mini siciliane, e abbiamo loro dedicato un panino: il Palermitano, con profumo di limone e mortadella, che fa da controparte al Catanese, dove protagoniste sono le melanzane alla parmigiana. Eh si, la tavola resta sempre quel punto d’incontro privilegiato: tra mondi e gusti lontani, nel tempo come nello spazio, dove non esiste estraneità ma solo condivisione.